Giulio Liverani nasce nel 1935 a Modigliana; nel 1944 entra in seminario; nel 1958 viene ordinato prete e l’anno successivo è nominato parroco a S. Savino; nel 1966 il vescovo gli affida l’incarico di assistente ecclesiastico dell’AGI (il movimento scout femminile) di Modigliana. Incontra il movimento dei Focolari che lo indirizza verso la missione in America Latina dove incontra vari paesi: Bolivia, Cile, Paraguay; fra il 1969 e il 1975 viene mandato in Argentina (O’Higgins) per un periodo di formazione; nel 1976 è inviato in Brasile; per qualche tempo sarà parroco alla periferia di Sao Paolo (“Vargem Grande Paulista”). La malattia lo costringe a tornare in Italia e nel 1983 viene mandato parroco a Marzeno, dove rimane nove anni, e nominato direttore dell’Ufficio Missionario diocesano, inviterà a Faenza dom Helder Camara il noto vescovo brasiliano schieratosi cogli ultimi nella lotta contro la povertà. Negli ultimi anni della sua vita si muove fra l’Italia e il nord-est del Brasile dove desidera morire. Gli viene affidata la cura della parrocchia di Pieve Tho (Brisighella) e nel 1997 muore ad Aquidaba (Sergipe); per sua volontà il suo corpo riposa nel cimitero di Visgueiro un piccolo e povero villaggio della zona. Le sue opere di ceramica, di notevole valore artistico, sono sparse in diversi paesi dell’America latina e dell’Italia.
Il vangelo dell’arte e dei poveri
Don Giulio nasce da una famiglia di operai: il padre maniscalco e la mamma ricamatrice gli trasmettono per primi la sensibilità artistica: “se non si è artisti non si può essere buoni maniscalchi”, gli diceva il padre Floriano mentre gli insegnava con dovizia i segreti della ferratura del cavallo. Trascorre l’infanzia nella piazzetta detta della Legna dove c’erano il bottaio, il fabbro, il falegname, il calzolaio, a stretto contatto con la manualità artigiana. Dalla finestra dell’ultimo piano vede spesso arrivare la gente povera dei campi per comprarsi le scarpe con un fascio di legna, due polli smunti, due uova; gli rimangono impressi quei volti scavati dalla fatica, dal dolore e talvolta dalla fame. Fin da bambino ama fare disegni e ne riempie i quaderni di tutte le materie scolastiche ricevendone severe punizioni dalla maestra.
La sua vocazione religiosa è il piccolo miracolo di un fiore che si fa strada in un cespuglio di rovi: il piccolo Giulio è scapestrato e terribile, temuto dai compagni che al vederlo arrivare sussurrano spaventati: “Arriva Giulio, scappiamo!”. Per liberarlo dai pericoli della guerra, il padre lo conduce in seminario all’età di nove anni. Ne esce sacerdote.
Parroco a San Savino, nel contatto con la natura e col lavoro dei campi, matura il senso spirituale del ciclo della vita e della morte: il chicco di grano che muore per dare frutto, l’acino che diventa vino, “il chinarsi degli uomini e delle donne quasi in adorazione di quella terra che dà il pane quotidiano nella fatica”. Da questa esperienza nasce il suo modo di scolpire figure popolari e contadine e il loro innesto in paesaggi rurali. Per dieci anni frequenta come “attento garzone di bottega” il laboratorio di ceramica del cugino, a Faenza, dove anche Biancini modella e cuoce le sue opere. Entra così in contatto con un ambiente artistico di rilievo affinando il suo naturale talento e la sua manualità.
Incontra il movimento dei Focolari intrattenendo un rapporto epistolare con Chiara Lubich; ne assorbe la spiritualità dal carattere fortemente mistico e missionario. La scoperta del Dio Amore è per lui una vera folgorazione che lo porta a comprendere la vita come dono e come servizio agli ultimi: “Dio è morto per me. Quale risposta dare se non vivere per lui?”. Comincia il periodo della missione: incontra la cultura profondissima e vitale dell’America Latina e ne rimane radicalmente segnato sia in senso umano che artistico; in quel periodo di profonda immedesimazione avviene quella che egli chiamerà una “purificazione” dagli schemi occidentali. Si reca prima in Argentina poi in Brasile. Soffre lunghi periodi di solitudine e le persecuzioni violente dei regimi dittatoriali. Mentre è parroco a Sao Paolo nasce in lui il desiderio di mettere le sue capacità artistiche a servizio dell’evangelizzazione convinto, col suo vescovo, che ogni talento debba fruttificare in favore della liberazione dei poveri di Dio: liberazione dall’ignoranza e dall’ingiustizia. “Io non ho niente – diceva qualche volta, con un sorriso modesto e soddisfatto – però il Signore mi ha dato queste mani!” e alzava le braccia, come in segno di resa ai doni di Dio.
Intraprende nella chiesa parrocchiale un importante ciclo pittorico, una vera bibbia dei poveri in cui, attraverso il cammino della croce, si giunge a una speranza, nella gloria di Maria che schiaccia la testa dell’antico serpente e dei suoi adoratori: i falsi politici, il capitale selvaggio delle multinazionali; vi figura Erzogg, paladino della libertà di stampa, impiccato in carcere dalla polizia segreta. Maria è vista come vera rivoluzionaria che non si limita ad accusare i potenti, ma prepara un nuovo popolo di Dio innalzando gli umili. Il giorno dell’inaugurazione si scatena la curiosità della stampa, della televisione e della polizia di Stato, curiosi di sapere il perché del ritratto di Erzogg ai piedi di Maria. Un’altra coraggiosa opera evocava l’immane distruzione dell’Amazzonia rappresentata in simbiosi con la via crucis di Cristo. Il contatto con la povertà, la sofferenza e l’esperienza stessa della malattia, influenzano i suoi lavori artistici e acuiscono quel senso di drammaticità che egli ha mutuato dall’espressionismo tedesco, la corrente artistica che più sembra corrispondergli. Il tono spesso angoscioso e drammatico delle sue opere, è mitigato dalla vivacità del colore che trasfigura, come in un sorriso pieno di speranza, l’esperienza del dolore umano. I suoi soggetti esprimono spesso un forte impatto mistico e spirituale.
La sua attività pastorale in Italia si è svolta in modo molto diffuso e informale, quasi sempre lontano da incarichi di rilievo: il suo laboratorio modiglianese è stato per molti una specie di confessionale aperto; la sua umanità un rifugio e una consolazione; le sue lezioni di storia dell’arte un vero e proprio vangelo delle immagini. Nella parrocchia di Marzeno porterà avanti una pastorale semplice, ma innovativa; nominato direttore dell’Ufficio missionario diocesano, intorno alla metà degli anni 80, inviterà a Faenza dom Helder Camara, punta di diamante dell’episcopato nordestino del Brasile, schieratosi nella lotta contro la povertà. La sua testimonianza di vita, l’eccezionale comunicativa della sua parola e il carisma della sua figura hano saputo catturare in uguale misura l’idealità dei laici e la sensibilità dei credenti.
Rimane nel ricordo di molti il suo cuore buono e aperto a tutti, il suo sorriso, la sua arrendevolezza, che hanno piegato a una dimensione di servizio anche il senso di profonda inquietudine e di irrequietezza spirituale che ha caratterizzato il percorso tortuoso della sua vita.
Marco Ferrini
eu sou amigo do pe giulio ,eu o conheci na igreja nossa senhora das graças Vargem grande paulista , nos anos 1979 ate 1981 e ajudei a fazer alguns trabalhos atistico e aprendi algumas tecnicas.
sou amigo e companheiro de trabalho do padre giulio liverani e adimirador meu site http://www.demarts.hpg.com.br orku demarts@HOTMAIL.COM
eu, Ademar gostaria de fazer contato com os amigos do pe GIULIO . TENHO algums fotos minas com o padre Giulio no meu orkut demarts@hotmail.com
Não cheguei a conhecê-lo, mas meu pai era seu amigo, e juntos fizeram vários trabalhos artíticos.
Como homenagem a ele, recebi seu nome. Um pouco antes de nascer, ele me ‘abençoou’…
E hoje, com 15 anos, busco saber um pouco mais sobre essa linda história do Padre Giulio Liverani!
Caso se interessarem, entrem em contato, por email: giulia.giih@hotmail.com
obrigada!
Mi fa molto piacere questo interesse per la vita e l’opera di don Giulio, nostro sacerdote diocesano, che è stato veramente strumento nelle mani di Dio per aiutare tante persone.
Ti segnalo il sito dell’associazione che è sorta per ricordarlo, qui in Italia, e che porta avanti alcuni progetti in Brasile.
http://www.padregiulio.it/faenza/
Buona giornata!
Io sono Padre (Don) Isaías, della Cáritas Diocesana de Propriá. Per me me fa piaccere dirve che Don Julio un empegnhato ai poveri della nostra Diocese di Propriá. Vi comunico una buona notízia: la communitá nera di Caraíbas, dopo vari anni di organizacione sociale é in processo di concluzione riconoscimento ‘Quilombola’ (communitá afrodescendente), dal governo. Sará possibile purtroppo, piu investimento per il svoluppo della comunitá.
Grazie mille dal suoi apoggio solidári.
No livro VARGEM GRANDE PAULISTA (Edicon, 2013), JOÃO BARCELLOS traça o perfil do religioso e artista Giulio Liverani consagrando de vez os paineis da via sacra produzidos para a igreja matriz vargengrandense.